La vescica è un organo muscolare e membranoso dell’apparato urinario inferiore con la funzione di raccogliere l’urina prodotta dai reni. È formata da quattro strati: tonaca mucosa, tonaca sottomucosa, tonaca muscolare e tonaca seriosa.
Il tumore della vescica in urologia è la seconda neoplasia più frequente dopo il tumore della prostata, colpisce soprattutto gli uomini e rappresenta il 3% di tutti i tumori diagnosticati nell’età adulta.
Le neoformazioni della vescica, nella maggior parte dei casi, sono tumori maligni. Bisogna però fare una distinzione tra tumori “non muscolo invasivo o superficiali”, che rappresentano circa l’80% dei casi e quelli “infiltranti la muscolare” o “muscolo-invasivi”, ovvero che invadono la tonaca muscolare, che rappresentano il restante 20% dei casi.
Il tumore “non muscolo invasivo” se diagnosticato e trattato in tempo ha una buona percentuale di guarigione. Quello infiltrante la muscolare presenta invece gestione più complessa.
Si possono distinguere varie tipologie istologiche di cancro alla vescica e la più comune è il Carcinoma a cellule di transizione conosciuto anche come “carcinoma uroteliale”: questo rappresenta oltre il 90% del totale dei casi e viene chiamato così poiché si sviluppa partendo dall’urotelio (tessuto epiteliale che riveste le vie escretrici). Esistono poi delle varianti istologiche meno comuni.
Il primo fattore di rischio del tumore della vescica è il fumo di sigaretta che triplica la “probabilità” di sviluppare questa malattia. Il fumo inoltre aumenta la probabilità di recidiva di malattia e di progressione verso forme tumorali più aggressive; proprio per questo motivo tutti i pazienti con diagnosi di tumore della vescica dovrebbe abolire completamente non solo l’abitudine tabagica ma anche l’esposizione passiva al fumo di sigaretta.
Ci sono altri fattori secondari ma non meno importanti:
l’esposizione cronica a sostanze chimiche come le ammine aromatiche utilizzate dai lavoratori dell’industria del colore, della gomma, del cuoio, della plastica e poi ancora in alcuni coloranti per capelli utilizzati da parrucchieri o sostanze utilizzate nelle lavanderie industriali;
Altri fattori sono l’esposizione a radiazioni o ad alcuni farmaci chemioterapici.
Alti fattori di rischio sono rappresentati dall’utilizzo per lungo periodo del catetere vescicale, dalla calcolosi vescicale, infezioni croniche della vescica. Rari casi di tumore della vescica possono essere dovuti all’infezione da “schistosoma hematobium”, parassita diffuso in alcuni paesi di Africa, Medio Oriente e Sud-America. Le larve dello schistosoma proliferano nelle acque dolci e possono penetrare in un organismo umano attraverso la cute per poi migrare nella mucosa del tratto urinario. La sua proliferazione nella vescica genera uno stadio infiammatorio cronico che può portare alla formazione del tumore.
Sintomi
Il sintomo più comune con cui si manifesta il tumore alla vescica è l’ematuria (presenza di sangue nelle urine). Meno frequentemente si possono associare disturbi irritativi come un aumento della frequenza minzionale (pollachiuria) o l’urgenza minzionale. Il dolore pelvico può essere sintomo di un tumore infiltrante.
Diagnosi
La diagnosi si avvale di esami strumentali e di laboratorio e deve essere precoce al fine di un trattamento quanto più rapido possibile.
La cistoscopia o uretrocistoscopia è il gold standard per la diagnosi di neoplasie vescicali. Il cistoscopio è uno strumento sottile e flessibile (esistono anche strumenti rigidi) la cui estremità è dotata di una videocamera che trasmette le immagini su un monitor, e permette di visionare l’interno del canale uretrale e vescicale. Esso viene inserito attraverso lo sbocco dell’uretra (orifizio uretrale esterno) sino alla vescica, prima di inserirlo l’uretra viene lubrificata con un gel anestetizzante. Non è un esame doloroso soprattutto se lo strumento utilizzato è flessibile. Non è necessario il digiuno o la sospensione di farmaci anticoagulanti. La durata dell’esame è di circa 10 minuti.
In cistoscopia il tumore si presenta solitamente come una lesione vegetante con estremità frastagliate. Il carcinoma in situ è una forma di tumore più subdolo e particolarmente aggressivo che si presenta come un’area piatta e arrossata della mucosa vescicale che, ad occhi inesperti, potrebbe far pensare ad una semplice infiammazione. Per la diagnosi di queste forme è importantissimo il ruolo della citologia urinaria.
La cistoscopia è infine un esame di routine nel follow-up dei pazienti con storia di tumore della vescica.
L‘ecografia dell’apparato urinario può essere di supporto alla cistoscopia permettendo di evidenziare irregolarità della parete vescicale o alterazioni secondarie a carico dei reni. Questo esame per quanto non invasivo e di semplice esecuzione non sostituisce la cistoscopia per la diagnosi dei tumori vescicali soprattutto per quelli di piccole dimensioni.
La citologia urinaria è un esame microscopico volto a ricercare nelle urine del paziente la presenza di cellule tumorali. Prevede la raccolta di un campione di urina, per tre giorni consecutivi. Non deve essere raccolta la prima urina del mattino ma quella della seconda minzione per aumentare la sensibilità dell’esame.
La TAC dell’addome con mezzo di contrasto con studio della fase urografica (URO-TAC) rappresenta un utile esame per la stadiazione del tumore della vescica.
Terapia del tumore della vescica
La terapia delle neoplasie vescicali è chirurgica. La TURBT (Trans Uretral Resection of Bladder Tumor) è una procedura di chirurgia endoscopica che consiste nell’asportare una neoformazione vescicale. Si utilizza uno strumento chiamato resettoscopio, una sorta di cistoscopio rigido che viene inserito nella vescica passando attraverso l’uretra. È dotato di un piccolo anello metallico che permette di resecare e, quando possibile, eliminare completamente la neoplasia vescicale per permetterne una successiva tipizzazione istologica. I frammenti resecati vengono infatti analizzati dal patologo che fornisce la diagnosi definitiva sulle caratteristiche del tumore.
Alla fine dell’intervento viene inserito un catetere da mantenere per circa 24/48h indispensabile per permettere una completa cicatrizzazione dell’area di vescica resecata. L’intervento di TURB viene eseguito in anestesia solitamente spinale e non comporta alcun tipo di conseguenza permanente.
Nelle forme di tumore della vescica non muscolo invasivo, è fortemente raccomandata l’esecuzione dopo la TURB delle instillazioni endovescicali. Tale procedura consiste nell’inserire nella vescica attraverso un piccolo catetere una sostanza che “lavando” la superfice interna dell’organo riduce il rischio di recidiva o progressione del tumore. Le sostanze utilizzate possono essere dei chemioterapici o il bacillo di calmette-guerin (BCG, lo stesso che si usava per vaccinare contro la tubercolosi). I chemioterapici endovescicali agiscono “uccidendo” eventuali cellule tumorali residue. Il BCG invece agisce stimolando le cellule del sistema immunitario a reagire contro le cellule tumorali riducendo il rischio che il tumore possa ripresentarsi con una maggiore aggressività. Sarà l’urologo sulla base dell’esito istologico a dare indicazione sul tipo di trattamento endovescicale da eseguire.
Nelle forme di tumore che infiltrano la tonaca muscolare della vescica la TURBT non permette più di curare la malattia. In casi di questo tipo è necessario procedere con l’intervento di cistectomia radicale, ovvero l’asportazione completa della vescica. Tale intervento può essere indicato anche per le forme di tumore “non muscolo-invasivo” che presentino una particolare aggressività o una mancata risposta alla terapia con le instillazioni endovescicali.
La cistectomia radicale nell’uomo prevede l’asportazione completa della vescica, dei dotti referenti, vescicole seminali, della prostata con le vescicole seminali dei linfonodi linfonodi iliaci e otturatori che potrebbero essere sedi di metastasi. L’intervento in casi selezionati può prevedere il risparmio dei bundle neurovascolari per ridurre il rischio di impotenza sessuale.
Nella donna oltre alla vescica e ai linfonodi vengono asportate anche le tube, l’utero e ovaie. Anche nella donna, sempre in casi selezionati, si può prevedere il risparmio degli organi sessuali.
La cistectomia radicale è un intervento di chirurgia maggiore eseguito in anestesia generale. Può essere fatto con un approccio a cielo aperto, laparoscopico o robotico.
A prescindere dal tipo di approccio chirurgico, l’intervento si divide in due fasi. La prima, quella “demolitiva”, consiste appunto nella rimozione della vescica. In questa fase gli ureteri, i tubicini attraverso cui l’urina defluisce dai reni verso la vescica, vengono sezionati. La fase successiva, detta ricostruttiva o di derivazione urinaria, consiste nel ricreare un percorso che porti l’urina verso l’esterno. L‘ureterocutaneostomia consiste nell’anastomizzare (collegare) l’uretere destro e l’uretere sinistro direttamente alla cute e le urine vengono così raccolte in sacchetti posizionati sull’addome. Gli ureteri vengono incannulati con dei piccoli cateteri da sostituire periodicamente che impediscono la chiusura della stomia.
Il condotto ileale ( Briker o Wallace a seconda del tipo di anastomosi ureteroileale utilizzata) o ureteroileocutaneostomia consiste nell’abboccare gli ureteri all’ileo (una parte dell’intestino) che a sua volta viene isolato e collegato alla cute dell’addome dove viene collegato ad un sacchetto per la raccolta delle urine.
La Neovescica ortotopica è la derivazione urinaria di primo ordine in quanto permette di drenare l’urina verso l’esterno attraverso la via naturale senza quindi necessità di sacchetti esterni per la raccolta delle urine. Non è applicabile in tutti i casi per motivi che possono essere di tipo anatomico, oncologico o legato ad alcune malattie del paziente (ad esempio l’insufficienza renale grave).
L’intervento prevede l’isolamento di un segmento di intestino che viene utilizzato per ricreare una cavità. Gli ureteri vengono successivamente connessi alla nuova vescica che infine viene anastomizzata con l’uretra. Il confezionamento della neo-vescica permette di urinare per via naturale, permettendo anche un’adeguata continenza urinaria, senza intaccare l’aspetto estetico del paziente.
La gestione della neovescica prevede un’adeguata preparazione del paziente visto che la nuova vescica costruita con l’intestino non è in grado di riprodurre le funzioni di una vescica normale. La neo-vescica infatti non presenta un’innervazione sensitiva e il paziente avverte lo stimolo alla minzione in maniera differente solitamente come una sensazione di gonfiore o peso a livello sovrapubico. E’ importante imparare ad urinare con una cadenza regolare.
Lo svuotamento della neovescica è molto diverso dalla vescica naturale. Esso dovrà avvenire tramite “spinte addominali” o compressioni manuali sovrapubiche.
La produzione di muco, abbondante nei primi mesi dopo l’intervento, può recare fastidio e per ovviare a questo aspetto è consigliabile un’abbondante idratazione o l’utilizzo di medicinali fluidificanti.